Era semplice, geniale Paulo Freire, in memoriam

(19 settembre 1920 - 2 maggio 1997)

di Fabio Cascino

L'ho conosciuto inaspettatamente in una piccola festa promossa dagli alunni del corso di pedagogia della Facoltà di Moema, a São Paulo, alla chiusura dell'anno accademico del 1985.

In quella notte scoprii che oltre ad essere un genio, il professore Paulo Freire, era un amante senza riserve della grappa.

Durante quella festa diventammo compartecipi di una bottiglia, di una buona grappa invecchiata di 12 anni del Piemonte, che io avevo portato da casa mia e che, di nascosto degli altri commensali, dividemmo e gustammo centellinandola. L'ultima volta che l'ho visto, a casa sua, il maestro Paulo Freire, ricordandosi di quella famosa notte, mi ha chiesto, ancora una volta, un goccio di quella deliziosa grappa.

Paulo Freire era semplice e geniale. Parlava con immensa tranquillità, permettendo a ciascun interlocutore un tempo di maturazione sulle parole e le frasi che pronunciava, di modo che tutti, dall'analfabeta all'accademico, tutti potessero comprendere ed elaborare le loro più solide e profonde idee.

Ed è esattamente in questo aspetto che risiedeva la sua genialità; non importava chi fosse colui che lo ascoltava, in quali condizioni fosse. Costui si trasformava invariabilmente - per la disposizione di Paulo Freire ad ascoltare la parola dell'altro - in suo interlocutore, rispettato pienamente nei suoi desideri, nelle sue necessità e prospettive, anche se opposte a quelle del brillante professore. Era saggio, profondamente saggio, e faceva della sua attività una missione; unendo intensamente un'inesauribile disposizione a combattere ingiustizie, povertà, violenze, trasformava l'atto educativo in atto di amore, pieno di etica, pieno di volontà di trasformazione, pieno di sapore.

Ha lasciato un'opera vastissima. Certo è che molti dei suoi oppositori, quelli che considerano la sua opera ripetitiva, o semplicistica, o molto di "sinistra" e che nel loro paese non gli hanno riconosciuto la sua importanza mondiale, evidentemente non l'hanno letto con la profondità necessaria.

Per questo molti dei suoi lavori meriteranno letture ancora più complete e non estemporanee, e potranno rivelare quanto lungimirante fosse la sua genialità.

Ha ricevuto riconoscimenti da tutto il mondo. Dottore honoris causa in 28 università, 38 libri pubblicati - la maggior parte tradotta in diverse lingue -, fu costretto all'esilio dal regime militare brasiliano nel 1964. Ha vissuto in Cile, Svizzera, Bolivia, Stati Uniti e lavorato in Africa, Asia, nelle Ame-riche, in Europa. Il suo metodo di alfabetizzazione degli adulti ha avuto il merito di collocare il problema dell'analfabetismo come problema politico fondamentale dei governi dei 5 continenti.

Attualmente teneva lezioni nella Pontificia Università Cattolica di San Paolo, dove seguiva alcuni alunni nei corsi di orientamento e partecipava ai lavori del programma post-lauream in Educazione, Supervisione e Curriculum.

Fino al suo ultimo giorno nella sua casa nel quartiere Sumaré, Paulo Freire ha continuato a scendere le scale per recarsi dal soggiorno alla biblioteca, per scrivere. Scriveva, come sempre, ascoltando in sottofondo musica di Bach, Vivaldi, chorinhos1, Caetano Veloso, Milton Nascimento, in comode ciabatte, la finestra con le tende aperte in modo da permettere un'ampia veduta degli alberi e degli uccelli; scriveva sui problemi dell'educazione.

Anche se stanco, sotto gli occhi preoccupati dei domestici, dei familiari, della moglie - la cara Nita - Paulo Freire prima di uscire di casa per andare all'ospedale, ancora insisteva con un ultimo sguardo sui suoi ultimi scritti, sui suoi ultimi progetti di libri.

Voleva continuare a scrivere, a scrivere a mano, perché non sapeva usare il computer...

Il suo ultimo lavoro pubblicato "Pedagogia dell'Autonomia: saperi necessari alla pratica educativa" presenta un Paulo Freire che ripercorre importanti concetti fondamentali della pratica educativa. In un piccolo tascabile di 165 pagine il maestro rivisita l'etica e l'estetica dell'insegnamento, la necessità del rigore metodologico, della ricerca e del rispetto dei saperi dei discenti, l'accettazione del nuovo e della critica alla pratica nell'azione educativa, il necessario riconoscimento delle diversità etniche e culturali. Parla inoltre delle attitudini oggi necessarie: umiltà, tolleranza, lotta per i diritti dei discenti e degli educatori; tratta dell'allegria, della speranza, del mutamento possibile, dell'utopia.

Infine, il maestro, l'amico, il gentile e amabile Paulo Freire ci fa pensare ad altre forme di educazione: "insegnare richiede disponibilità al dialogo ed esige che si voglia bene agli allievi, e ciò significa dire, di fatto, che l'affettività non mi spaventa, che non ho paura di esprimerla!".

A presto, Paulo.
San Paolo, 28 Maggio 1997